venerdì 9 settembre 2011

6 settembre 2011 - Giornata di sciopero generale


Come deciso nell’ultima riunione, la Commissione lavoro il giorno 6 settembre, giornata di sciopero generale proclamato dalla CGIL e da USB, SLAI COBAS, ORSA, CIB UNICOBAS, SNATER, SICOBAS ed USI, ha svolto un ruolo attivo, con l’obiettivo, in particolare, di coinvolgere lavoratori e lavoratrici in assemblee sul modello spagnolo al termine dei cortei, come alternativa efficace alle solite modalità di manifestazione (corteo-comizio). Il modello assembleare è stato applicato con buoni riscontri. Segnaliamo, in particolare, quattro momenti caratterizzanti la giornata: l'assemblea svolta a ridosso del comizio della CGIL, in cui sono state esposte le dinamiche del Movimento 15M degli Indignati spagnoli e il nostro lavoro come Commissione (la risposta dei lavoratori è stata discreta, molti si sono avvicinati e hanno partecipato attivamente all'assemblea); l’assemblea svolta in piazza Navona prima dell’assemblea dell’USB; l'assemblea svolta insieme alla USB a Piazza Navona, dove abbiamo tenuto quattro interventi riguardanti il movimento in generale, la giornata di sciopero, il concetto di lotta, l'importanza delle assemblee di quartiere e nei posti di lavoro, il lavoro della Commissione, le assemblee di piazza San Giovanni, le giornate del 10 e 11 (organizzazione di grandi assemblee popolari) nonché l’incontro previsto per la mattina del 10 (Romabenecomune, incontro cui parteciperemo per sviluppare una linea comune per organizzare il 15.O); segnaliamo, infine, gli interventi effettuati da due nostri militanti dal palco della Fiom, che hanno riscontrato il favore di buona parte dei circa 2000 lavoratori lì presenti.

Durante la mattina la Commissione ha partecipato al corteo della CGIL per tentare di promuovere, a fine manifestazione, una grande assemblea pubblica con i lavoratori. A tal fine sono stati effettuati al megafono diversi appelli lungo tutto il corteo, accompagnati da un fitto volantinaggio. L’assemblea ha avuto luogo intorno alle ore 12 nei pressi del Colosseo, nell’area in cui il corteo è confluito. All’inizio dell’assemblea è stato deciso che oggetto della discussione sarebbero state le ragioni della protesta. Di seguito vengono sintetizzati gli interventi effettuati.
               Ma., membro della Commissione lavoro, spiega che si sta tentando di effettuare un’assemblea al di fuori di sindacati e partiti, con la finalità di costituire una rete di solidarietà, confronto e lotta tra lavoratori, sulla falsariga del movimento orizzontale spagnolo. Espone sinteticamente le regole di svolgimento dell’assemblea ed accenna all’evento che si svolgerà nelle giornate del 10 e 11 settembre a piazza s. Giovanni, invitando nuovamente chiunque a partecipare per esprimere la propria opinione.
               Mi. dichiara che l’assemblea si pone in alternativa al sistema del corteo e del comizio finale, strumenti che giudica inefficaci, e rinnova l’invito ad intervenire, anche per esprimere posizioni divergenti, in quanto un’assemblea quale quella in corso rappresenta in ogni caso, per quanto possa apparire nel momento attuale inusuale, il modello che in futuro si dovrà necessariamente utilizzare per condurre una lotta che porti a dei risultati.
               G. prende la parola per analizzare brevemente la situazione attuale del lavoro, ponendo l’accento sulle disposizioni contenute nella manovra che, di fatto, attraverso la contrattazione decentrata, aggirano le tutele assicurate ai lavoratori dall’articolo 18 dello Statuto.
               Prende la parola una donna portoghese che esprime il suo favore per le modalità di svolgimento dell’assemblea e fa un rapido accenno all’esperienza spagnola.
               A., agricoltore pugliese, afferma che in passato la produzione del vino era gestita da aziende prevalentemente unifamiliari. Aggiunge che oggi le multinazionali stanno prendendo in mano la produzione, creando condizioni di povertà tra i contadini. Afferma che lo Stato, a suo parere, dovrebbe intervenire in maniera più incisiva nel sistema produttivo ed effettua un richiamo all’art. 47 della Costituzione.
               F. si dichiara contenta di partecipare ad un’assemblea svolta con le modalità promosse dagli indignati spagnoli. Dichiara di avere 40 anni e di avere un fratello di 27 che, non riuscendo a trovare lavoro né nel suo campo né in altri, è in questo momento in uno stato di depressione tale da non aver avuto le forze neppure per partecipare alla manifestazione. Aggiunge di essere una insegnante di sostegno e racconta di aver denunciato un sopruso consumato da un sacerdote a danno di un bambino. A fronte di questo atto dice di non aver ricevuto il sostegno né del sindacato né dalla scuola come istituzione. Afferma di essersi trovata sola e di aver dovuto subire da parte del suo datore di lavoro, per la sua denuncia, condotte mobbizzanti. Precisa che il sindacato al quale si era rivolta è proprio la CGIL e dichiara di essere ormai rimasta sola a difendersi.
               B. prende la parola per suggerire di portare nelle prossime assemblee anche delle sedie, in modo da riuscire a garantire la partecipazione anche delle persone anziane.
               G., un lavoratore di Terni, esprime la sua piena adesione all’idea di effettuare assemblee popolari aperte. Sostiene di aver provato a dare vita ad una realtà di questo tipo nella sua città ma di non esservi riuscito a causa del disinteresse mostrato dai più. Aggiunge di essere operaio presso la ThyssenKrupp e precisa che diverse volte ha provato a rivolgersi alla CGIL per sollecitare la difesa dei diritti aziendali dei lavoratori, non trovando nel sindacato alcun riscontro in merito alle istanze avanzate.

Conclusa l’assemblea nei pressi del Colosseo la Commissione lavoro si è diretta verso piazza Navona, dove era previsto che vi fosse dal primo pomeriggio un presidio dell’Unione sindacale di base e, intorno alle 18, un presidio della Fiom. La Commissione lavoro ha promosso, anche in piazza Navona, un’assemblea popolare aperta, che ha avuto luogo intorno alle 15:30. Di seguito vengono sintetizzati gli interventi effettuati.
               Mi. rileva che l’assemblea svolta la mattina ha sollecitato l’esigenza di predisporre uno striscione con la scritta “assemblea”, da collocare in futuro al centro del cerchio assembleare. Propone, altresì, di rileggere gli interventi appuntati nel verbale dell’assemblea svolta la mattina, al fine di poter svolgere, a partire da essi, alcune considerazioni.
               D. rilegge il verbale e sottolinea come in due interventi vi sia stata un’ aspra critica nei confronti del sindacato, e della CGIL in particolare. Evidenzia che i lavoratori, pur rendendosi conto che il sindacato non sia più un referente adeguato per le loro istanze, non riescono a trovare un’alternativa credibile ed è questo un segnale che dovrebbe portare ad intensificare l’attività di espansione del modello assembleare nei luoghi di lavoro.
               L. svolge una riflessione più generale sulla giornata di sciopero e su quanto emerso negli ultimi giorni. Espone alcune riflessioni sulla nefasta situazione economica e politica e ricorda che la CGIL ha promosso l’ultimo sciopero generale il 6 maggio scorso, dopo che lo stesso è stato richiesto a gran voce da una pluralità di parti. Afferma che lo sciopero in corso è effettuato di martedì, un giorno in cui teoricamente si crea più disagio rispetto al venerdì, ma evidenzia come le attività produttive e commerciali in questo momento dell’anno non sono ancora a pieno regime e le scuole non hanno ancora riaperto i battenti. Le rivendicazioni fatte dal sindacato, inoltre, risultano essere deboli, in quanto si contesta la manovra finanziaria ma non si punta il dito contro politiche sociali che dovrebbero essere definite generalmente inaccettabili. Tali considerazioni portano a ritenere che CGIL e FIOM si siano unite per effettuare unicamente uno sciopero di rappresentanza: successivamente a questo sciopero si potrà infatti affermare che lo sciopero non serve e che la forza contrattuale sarà nelle mani delle sole organizzazioni che decidono di sedersi intorno ad un tavolo. Rappresenta che dell’unico sciopero efficace, quello che è in grado di bloccare la produzione, non se ne parla e che i disoccupati, chiamati a scendere in piazza, non sanno come continuare la lotta. Conclude affermando che la base è scontenta e che è necessario spendersi nel fare assemblee di piazza per sostenere chi vive questo malcontento.
               Ma. racconta ciò che sta avvenendo negli ultimi mesi in piazza s. Giovanni. Sottolinea il fatto che le persone che si ritrovano a marciare fianco a fianco in un corteo non si conoscono effettivamente ed è quindi necessario organizzare delle assemblee per creare un rapporto vero tra i lavoratori.
               Mi. pone all’assemblea un quesito circa le parole d’ordine che debbono accompagnare il tentativo di organizzare un’assemblea durante i cortei e si domanda quali siano le argomentazioni da sottoporre alla discussione una volta iniziato il confronto assembleare. Ricorda che in altre occasioni si è parlato degli scioperi a scacchiera, scioperi ad oltranza e progressivi. Evidenzia come, probabilmente, non vi sia tra i lavoratori più neppure idea delle modalità con cui portare avanti la lotta e che, di conseguenza, sarebbe forse necessario fare uno sforzo per raccogliere le esperienze di agitazione più o meno recenti.
               P. chiede delucidazioni sulle assemblee previste nelle giornate di sabato e domenica 10 e 11 settembre a piazza s. Giovanni, in particolare sulle modalità di organizzazione.
               Ma. spiega come sono nate le due giornate, precisando che chiunque parteciperà alle assemblee si adeguerà alle modalità accolte dal movimento degli Indignati. Evidenzia che negli stessi giorni avrà luogo il tavolo sul lavoro organizzato dall’Isola dei Cassintegrati e che ognuno parteciperà all’assemblea come persona, come singolo, al di là del movimento di appartenenza.
               L. aggiunge che lo stesso movimento degli indignati spagnoli è composito, in quanto sono eterogenei coloro che sono colpiti dalla crisi, dal proletariato al ceto medio. Sottolinea che il 10 e  l’11 sarà interessante sviluppare il modello del confronto assembleare e che si dovrà tentare di spiegare che tutti i sistemi riformisti sono inutili, in quanto la crisi è del sistema capitalistico.
               G. chiede a L. come, a suo parere, si possa risolvere il problema della disoccupazione.
               L. risponde che il problema della disoccupazione è un falso problema. I ritmi massacranti e la gente disoccupata che si ritrova per strada sono frutto del sistema retto sul profitto: è più conveniente assumere pochi lavoratori e sfruttarli al massimo che assumerne di più. Asserisce che la tecnologia non è utilizzata nel modo corretto e che oggi vi sono migliaia di posti che risulterebbero inutili in una società più giusta. In un mondo non dominato dalla logica del profitto sarebbe possibile lavorare un numero molto basso di ore per cinque giorni a settimana, con la garanzia di una buona qualità di vita per tutti. Afferma che di lavoro da fare ce ne sarà moltissimo, dovendosi modificare un intero sistema di produzione, ed aggiunge che oggi alcuni lavori non vengono fatti semplicemente perché non creano plusvalore e, quindi, profitto. In futuro potrebbero essere le assemblee a decidere le priorità, anche produttive, e successivamente il lavoro verrà equamente diviso. Afferma che le rivendicazioni che di solito si fanno,  quale ad esempio quella “lavorare meno lavorare tutti”, sono spesso giuste ma sono, altresì, irrealizzabili nel sistema del profitto. Aggiunge che tutto questo avviene in un momento nel quale la crisi sta portando in piazza milioni di persone. il capitale crea proletari e lavoratori e crea, al contempo, la crisi: la crisi, a suo parere, deve essere vista come un’occasione per trovare un modello organizzativo alternativo della società radicalmente differente da quello attuale.
               M. interviene per ricordare un’altra esperienza della storia recente caratterizzata dallo svolgimento di grandi assemblee di massa. A suo parere è necessario ricordare tale esperienza, come altre, per comprendere le motivazioni per cui vi è stato un fallimento, al fine di non commettere gli stessi errori. Ricorda che in Albania nel ’97 è accaduto qualcosa di simile a quanto successo in Argentina nel 2001, ossia il fallimento delle banche. Da ciò sono nate delle grandi assemblee di massa, che hanno coinvolto gran parte della popolazione. L’esperienza si è conclusa in modo tragico: dei comitati di salute pubblica in difesa della proprietà albanese organizzati dallo Stato, unitamente all’azione repressiva dell’esercito greco e di quello italiano, hanno fatto delle vere e proprie stragi. Da tutto ciò, aggiunge, derivano le navi della speranza che, cariche di albanesi, partivano per raggiungere l’Italia tra il ’97 e il ’99. Afferma che è assolutamente necessario andare oltre i confini nazionali, impedendo il gioco del ribasso del lavoro effettuato dai padroni, e creare una lotta internazionale.
               M. informa i lavoratori che partecipano per la prima volta ad un’assemblea organizzata dalla Commissione lavoro che lo scopo è quello di creare una rete tra i lavoratori, fuori dai sindacati e dai partiti. Annuncia che in Spagna si sta preparando uno sciopero generale organizzato dalla Commissione lavoro di Barcellona del Movimento 15-m.
               B., lavoratore che risiede fuori Roma, evidenzia che qualcosa in Italia e nel mondo di sicuro sta succedendo e cita, a proposito, la giornata di mobilitazione internazionale fissata per il 15 ottobre. A suo parere è necessario partecipare attivamente, pur partendo da diverse posizioni, portando avanti le istanze comuni, lottando contro il ruolo delle banche e al di là dei partiti e in ogni caso cercando punti di contatto tra i vari movimenti, superando gli elementi che dividono. Propone di partecipare all’assemblea organizzata dall’USB.
               L’assemblea si dice d’accordo a partecipare ad una eventuale assemblea promossa dall’USB, a patto che essa sia realmente aperta alla partecipazione di tutti e non sia organizzata con interventi preparati.
               M. precisa che la Commissione lavoro, e il movimento degli Indignati in genere, non vuole escludere aprioristicamente tutti i sindacati ma solo i burocrati.

L’assemblea è stata chiusa allorché dai microfoni dell’USB è stato annunciato l’inizio di un’assemblea. In essa sono intervenuti anche tre membri della Commissione lavoro ed un partecipante al movimento degli Indignati di Roma per spiegare l’attività fin qui svolta a piazza s. Giovanni, nei quartieri e nei luoghi di lavoro e per invitare tutti a partecipare alle assemblee di piazza e all’evento organizzato a s. Giovanni nei giorni 10 ed 11 settembre.
Al termine dell’assemblea organizzata dall’USB la Commissione lavoro ha svolto una breve assemblea di fronte al palco montato dalla Fiom, conclusasi quando dallo stesso palco hanno annunciato l’inizio di una grande assemblea. Due membri della Commissione lavoro hanno prenotato un intervento, effettuato davanti a circa 2000 persone.
Il primo intervento è stato fatto, intorno alle 8,  da M. a nome degli Indignati: "vi invitiamo alla due giorni di assemblea che si terrà il 10 e 11 a piazza san Giovanni. Gli Indignati sono un movimento spontaneo, nato dal basso, che si organizza in assemblea, rifiuta i capi e la delega, rivendica il protagonismo di lavoratori  e disoccupati. La Commissione lavoro di Barcellona, del movimento degli Indignati 15-M, ha promosso uno sciopero generale senza sindacati: lavoratori, è ora di svegliarsi!". Successivamente ha preso la parola L. per la Commissione lavoro: "siamo partiti da una riflessione: negli ultimi 20 anni contratto dopo contratto, accordo dopo accordo, ci hanno sempre tolto qualcosa: diritti, salario, sicurezza, occupazione, stabilità, ogni accordo era peggiorativo, il meno peggio era spacciato per vittoria. Ognuno di questi accordi veniva, alla fine, regolarmente firmato. Se tutto questo è passato è perché il capitale è in crisi ed anche perché ci hanno strappato la nostra unica arma di difesa, la lotta di classe. Non si fanno più lotte vere e lotte vere significa non uno sciopero ogni sei mesi, fatto spesso per sostenere una parte politica in parlamento, lottare significa perdere il meno possibile in busta paga ed arrecare più danno possibile ai profitti. Scioperi selvaggi, ad oltranza, a scacchiera, a singhiozzo, sono tante le forme, ma bisogna partire dalla volontà di lottare, per questo ci rivolgiamo ai lavoratori,  perché formino assemblee in ogni luogo di lavoro e perché queste assemblee si colleghino tra loro, oltre ogni divisione. Vediamo che i lavoratori sono divisi in base alla tessera sindacale, alla razza, alla mansione, alla tipologia contrattuale, al sesso. Non va bene, i lavoratori devono essere uniti, e questa unione si costruisce dal basso, superando il concetto della delega: siamo abituati a delegare ad un voto ogni 5 anni, siamo abituati a delegare a questo o quello perché ci difenda, perché faccia il nostro interesse etc. No, quello di cui c’è bisogno non è la delega ma il protagonismo diretto di tutti i lavoratori, di tutti i proletari colpiti dalla crisi. Lottare davvero significa anche rompere le leggi anti-sciopero, anche esse regolarmente e puntualmente firmate. Le leggi anti sciopero sono come dei paletti che di anno in anno si stringono sempre di più attorno a noi, fino ad impedirci ogni movimento. Dovremo arrivare a rompere anche queste come dovremo arrivare a mettere in discussione il sistema del profitto, che genera la crisi, perché all'interno della logica del profitto non è possibile nessuna soluzione alla crisi".

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